Ritorno al Cormanthor
come riportato da Baluardo
Luogo imprecisato - Multiverso
Tempo imprecisato
Mentre le immagini del salone dell'elfo scuro svanivano insieme ai loro compagni di viaggio, Magus e Altur cominciarono a sentirsi più sollevati, come se un grosso peso fosse stato tolto dalle loro menti e dai loro spiriti. Erebus non sentiva invece alcun cambiamento, rimaneva in lui la sensazione incombente di malvagità, una sorta di malessere interiore che lo attanagliava sin dal suo scontro con il demone, qualche giorno prima, o qualche ora, o forse solo in sogno. Si ritrovarono sulla spiaggia dove erano arrivati la prima volta, la sabbia scura era lambita dal solito mare inumano, l'aria era pregna di incombenti attese, pesante, torva, l'atmosfera inquietante ed assolutamente aliena alle loro esperienze. Erebus non era con loro.
Il paladino si ritrovò all'improvviso su un altro lido e lo riconobbe, era quello in cui era approdato con la barca nel sogno del demone di poco prima, o di anni prima, non poteva dirlo con certezza in questo momento. Di fronte a lui sagome indefinite di torri o città o montagne in lontananza, sfuggenti eppure terribili nella loro evanescente realtà. Nel più totale silenzio vide una sagoma avvicinarsi a lui e sentì il rumore di una barca che arrivava da oltremare. Erebus si preparò allo scontro, era molto stanco ed avvilito, ma la sua mente era ferma: non si sarebbero più serviti di lui... Nessuno.
Nelle nebbie che lo circondavano riuscì a riconoscere la figura amica di Ney. Non c'era dubbio, era la mezzelfa, ma quello non era il posto dove si aspettava di trovarla.
La chiamò con voce sicura:
«Ney!»
«Ney, sei tu ?»
Nessuna risposta, la figura si avvicinava... Se non era la mezzelfa ne era la copia esatta, a quanto poteva vedere, ormai chiaramente.
Quando fu a qualche passo da lui, Erebus fece per alzare le mani per fermarla, ma in un attimo la figura, per suo sommo stupore, gli passò attraverso, senza vederlo, udirlo o curarsi di ciò che la circondava.
Alle sue spalle la barca era approdata, silente, quasi funerea, con la solita scorta di incappucciati. La figura di Ney salì a bordo dell'imbarcazione, che lentamente scivolò via sulle acque nere.
Il giovane paladino rimase di nuovo stupefatto, come sempre più spesso recentemente gli accadeva. E di nuovo, come se qualche proposito volesse scompigliare continuamente le sue percezioni, il paesaggio circostante cominciò a svanire.
Altur e Magus lo trovarono poco più avanti, in riva al mare, che scrutava nelle tenebre di fronte a lui. Vedendoli arrivare gli gettò una voce per sincerarsi che non fosse ancora una volta una visione. Essi risposero alla chiamata e si ricongiunsero con lui in quello strano luogo.
Si sentivano tristi e fuori posto, in particolare Erebus non riusciva a tirare il bandolo della matassa in tutti gli eventi che lo avevano coinvolto.
«Avete visto approdare una barca ? » Chiese ai compagni.
I due lo guardavano senza rispondere.
«Una barca con Ney a bordo, dovete averla vista...» Erebus afferrò il prete al braccio, strattonandolo...
«Erebus» rispose Altur abbassando lo sguardo «ho paura che Ney sia... Certo, manca anche a me, ma non per questo dobbiamo...»
«No, tu non capisci, era lei, l'ho vista...»
«Erebus, sei stato tutto il tempo qui, ti abbiamo visto da lontano, non c'è nessuna barca, non c'è nessuna Ney... Ti prego... Smettila.»
Il paladino lo guardò dritto negli occhi, dubitando, poi lasciò il suo braccio con uno scatto.
«Pensa quello che vuoi allora.»
«E' questo posto, amico mio, questo posto maledetto che dilania le nostre certezze ed alimenta i nostri dubbi, non lo senti ?»
«Certo che lo sento, non sono uno sciocco.»
Erebus voleva solo che il suo malessere andasse via, voleva sentire il tocco del buon Torm nei suoi pensieri, nelle sue preghiere, come da qualche tempo non accadeva, voleva sentire qualcosa di buono intorno a sé.
E, come in risposta al suo desiderio interiore, sentì un onda di pace pervaderlo, così improvvisa da scuoterlo. Altur e Magus sentirono la stessa cosa e le tenebre cominciarono lentamente a dissolversi, poco lontano da loro, più avanti sulla spiaggia. Avanzarono e la sensazione di serenità si fece più forte, una luminosità azzurrina stava combattendo l'ombra incombente, che, in una piccola sfera, cedette al suo splendore, puro, incontaminato. All'interno della sfera di luce i tre compagni videro una donna, bellissima, con i capelli scuri raccolti in una lunga treccia ed un'ampia veste scintillante di stelle. Inginocchiato di fronte a lei, un uomo di mezza età, con una corazza di cuoio ed una spada al fianco.
In un attimo Erebus lo riconobbe: era il Bardo che li aveva più volte contattati o aiutati, quello che Cadmo aveva soprannominato "Il Bardarossa". Guardando la scena i tre compagni videro la luce che aumentava di intensità, mentre le tenebre cercavano di ricacciarla indietro. Si coprirono gli occhi e furono investiti da un bagliore accecante.
Foresta del Cormanthor - Valnebbiosa
Seconda decina del mese di Altosole
nell'Anno del Vessillo - 1368 Calendario delle Valli
Le stranezze sembravano non finire mai, quando era coinvolta quella strana terra che chiamavano Ethernia. Ora la spiaggia aveva di nuovo ceduto il passo alla foresta dove le nebbie li avevano inghiottiti. La radura si ricompose di fronte ai loro occhi, Gli alberi, i rovi, il sole del mattino, finalmente, il soffio del vento sui loro volti, la vita che scorreva nel bosco, quasi palpabile, di fronte ai giorni trascorsi nello squallore della terra nera.
Sembrava che i loro sensi si fossero risvegliati da un lungo torpore e che per la prima volta vedessero realmente la bellezza della natura, che ne assaporassero gli odori e la viva freschezza. Respirarono a fondo per scuotere i residui dei cupi pensieri rimasti in loro e, dopo un attimo di smarrimento, i ricordi tornarono come una valanga. Gli unicorni, le ali, la corsa senza fiato... Ney...
Si riscossero per vedere che di fronte a loro, poco lontano, la mezzelfa non era più dove l'avevano lasciata. Un'altra figura era infatti chinata a terra vicino all'albero. Si avvicinarono per vedere e riconobbero, almeno due di loro, Shella Fogliadargento, la custode del boschetto sacro vicino a Myth Drannor, che li aveva guidati nella foresta qualche tempo prima. Era curva su un animale, una volpe per l'esattezza, immobile ai piedi dell'albero dove giaceva Ney. L'unicorno era lì accanto e più in là notarono per la prima volta un'orrida carcassa, disgustosa. La druida alzò lo sguardo verso di loro.
«Non vi ho sentito arrivare, da dove siete comparsi ?»
«Sarebbe una storia troppo lunga ora, ma avevamo lasciato qui una nostra compagna, l'hai forse vista ?» Chiese Altur.
Erebus, con una piccola riverenza salutò la donna.
«Una mezzelfa, con i capelli chiari, era qui qualche... hm... qualche tempo fa.» Disse.
Magus si avvicinò alla carcassa per esaminarla.
La donna si soffermò sui loro volti.
«Ciò che mi dite non è strano, anzi, spiega alcune cose che non mi quadravano. »Rispose. «Questo animale emana un'aura magica. La vostra amica è forse una seguace delle divinità della natura ?»
«Sì, lei è... era... una fedele della Signora Dei Boschi.»La tristezza si impadronì nuovamente di Altur al ricordare gli eventi accaduti.
«E lo sarà ancora, spero.» Rise la donna. «La tua amica è viva.»
Guardarono con stupore la volpe ai loro piedi cambiare forma e tramutarsi nella familiare figura di Ney. Altur si chinò immediatamente toccandole il viso, era caldo, il suo respiro profondo non lasciava dubbi. Era vero, Ney era viva. Altur si rialzò verso Erebus con un groppo alla gola e gli occhi lucidi.
«Amico mio, mi dispiace.» Disse con la voce rotta, cercando di controllare l'emozione che saliva come una onda di marea. «Mi dispiace per quello che ti ho detto... Io... il dolore... e tutto quell'assurdo viaggio... Mi dispiace...»
«Non preoccuparti Altur, so bene che le ferite sono difficili da rimarginare, nessun rancore, oggi gli dèi ci hanno fatto un grande dono.» Disse il paladino poggiando entrambe le mani sulle spalle del compagno. Altur chinò la testa cacciando indietro le lacrime. Pose anche le sue mani sulle spalle del paladino e lo guardò sorridendo.
« Nessun rancore, grazie.»